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Editoriale Don Franco Tassone

Disuguaglianze da cambiamento d’epoca

By March 10, 2025No Comments

Tra i molti aspetti della povertà che emergono dal nuovo Rapporto Caritas “Tutto da perdere” ce n’è uno che forse più di altri merita di essere sottolineato. Cogliamo ormai con chiarezza che ci troviamo in una situazione in cui la povertà è sempre più profonda e “strutturale”, e dove è sempre più chiaro il collegamento con una persistente disuguaglianza; già a partire da questa constatazione inziale non si può che chiamare in causa il funzionamento dell’intero sistema economico e sociale: siamo una società per la quale il persistere delle disuguaglianze sembra essere parte integrante del meccanismo, esse stesse spesso benevolmente giustificate come necessario carburante per il funzionamento della competizione “creativa”. Ecco come il dott. Pallottino di Caritas Italiana ci ha aiutato a leggere le questioni di disuguaglianza del pianeta. Quello che sperimentiamo è che questa competizione “creativa” lascia indietro molti, e che non è soltanto una risposta alle singole situazioni di deprivazione a porci di fronte a un dilemma; quanto la rettifica di sistemi in cui la competizione – sullo sfondo di meccanismi ormai largamente virtualizzati e finanziarizzati – si traduce in una sorta di Hunger Game globale, in cui la fatica di coloro che non riescono a correre si tramuta in stigma, variamente espresso a rimprovero dei vari “divanisti” o “furbetti del reddito”: zavorra di una società altrimenti destinata a correre veloce. Senza peraltro che – per contrappasso – la stessa riprovazione si abbatta sulle aree dove si annida evasione ed elusione fiscale, cui si deve l’insostenibilità del sistema pubblico, cioè delle scuole, della sanità, dei sistemi di protezione sociale, dei servizi disponibili ad ogni fascia sociale.

Ma c’è una seconda dimensione che raramente viene apprezzata nella sua reale rilevanza: tutta la famiglia umana si trova nel pieno di una fase di transizione, che papa Francesco ha efficacemente definito un “cambiamento di epoca”. Un cambiamento più profondo e più veloce di qualsiasi altro sperimentato in passato, che forse cogliamo poco proprio perché vi siamo immersi completamente, ma che incide profondamente nelle nostre vite. Non si tratta neanche di un percorso deliberatamente intrapreso e ineluttabilmente destinato a produrre risultati positivi per tutti, come spesso viene raffigurata la transizione; elementi di transizione climatica, energetica, sociale, demografica, produttiva sembrano piombarci addosso senza che soprattutto le fasce più fragili abbiano modo di adattarsi ad essa: non transizioni diverse, ma intersezione di aspetti diversi di una gigantesca trasformazione che tocca tutto il pianeta e ogni angolo del pianeta.

La povertà è dunque oggi – forse ancor più che “strutturale” – una “povertà di transizione”, vale a dire collegata soprattutto alla trasformazione complessa che la famiglia umana si trova a vivere. Ed è in questa chiave che possiamo leggere il rapporto della Caritas. Se la transizione demografica su cui siamo decisamente avviati dovrebbe imporci una cura e una valorizzazione particolare delle generazioni più giovani; vediamo invece come la persistente povertà delle giovani generazioni – nonostante esse tendano a diminuire quantitativamente! – sia una realtà che continua a caratterizzare la situazione che viviamo. E quale sistema produttivo può dirsi sostenibile quando relega una quota crescente della forza lavoro in occupazioni mal pagate e non in grado di offrire una risposta ai bisogni più elementari dei nuclei familiari.

Vediamo questo disallineamento in controluce nel rapporto Caritas (ma anche nei “pavimenti appiccicosi” del rapporto Caritas dell’anno scorso, con il suo focus sulla vischiosità della mobilità verticale, che rappresenta un altro invito a riflettere nella stessa direzione). Tanti sono gli indizi che le stesse dinamiche si stiano riproducendo a livello globale: andiamo verso un “vertice per il futuro” presso le Nazioni Unite nell’autunno del 2024, in cui capiremo come i grandi decisori globali stanno affrontando la questione.

Comprendere ed accompagnare. Questo non può essere fatto senza una condivisione dei rischi, dei costi e delle opportunità che questa trasformazione porta con sé. Ma è l’unica strada per una società sostenibile nel futuro: rispettosa dei limiti del pianeta, ma capace di andare oltre un mondo – già oggi – profondamente segmentato e diviso.